martedì 10 dicembre 2013

“Uno strano oggetto a forma di chitarra”: il bidet.



Un oggetto per cui ho un rispetto quasi reverenziale è il bidet, un sanitario sciocco agli occhi di molti quasi ridicolo per altri eppure con radici lontane e numerose citazioni nella letteratura internazionale.
Il suo primo antenato è di uso comune nelle latrine degli antichi romani .
Per questi ultimi la pulizia e la cura del corpo erano il  presupposto primo per avere buona salute e dedicavano perciò grande attenzione e riguardo a tali pratiche, basti pensare che nel IV secolo d.c. nei Cataloghi Romani, erano enumerate ben 150  latrine a Roma.
Questi erano luoghi di incontro e di socializzazione in cui era permesso anche pregare; la parola igiene deriva dalla dea Igea, non era assurdo infatti per questo popolo invocare  la dea per aiutare  ad esplicare i propri bisogni.
In epoca romana non c’era il tabù del corpo e della nudità e recarsi insieme alle latrine non era peccato o motivo di imbarazzo.
E’ in questi luoghi di aggregazione dette anche foricae che ritroviamo l’antenato del bidet.
Gli antichi romani si sedevano sulle sellae pertusae, sedili in pietra o marmo bucati, su cui probabilmente erano appoggiate tavole mobili in legno anch’esse forate.
Le lunghe vesti coprivano le parti intime.
Per la pulizia era predisposta una canaletta in cui scorreva acqua pulita ed in cui gli utilizzatori  immergevano una spugna con un manico infilato a sua volta in un bastoncino, tale spugna veniva poi adoperata per detergersi e rilasciata di seguito nell’acqua corrente.
Recuperata dagli addetti per essere rigenerata veniva riutilizzata successivamente.
Con la contaminazione barbara si abbandona la pratica della pulizia e della cura del corpo, ad affievolirla maggiormente contribuirà il Cristianesimo che vede nella pulizia del corpo e quindi nel contatto con le proprie parti intime una forte tentazione al peccato.
Pensiamo che fino al XX secolo lavarsi i piedi era immorale, un’abluzione totale significava far piangere Maria Santissima.
Nel Medioevo addirittura lavarsi più di una volta l’anno era peccato mentre nel ‘600-‘700 ci si profumava per coprire i cattivi odori.
Cattolici e medici favorivano il pregiudizio che la virilità fosse legata alla sporcizia per evitare che  i giovani lavandosi venissero a contatto con le proprie parti intime e cadessero quindi in tentazione.
“Le medicin des dames”  del 1722 prontuario all’avanguardia per il tempo, consigliava alle dame di lavarsi i genitali ogni giorno ma di agitare l’acqua dopo avervi versato polvere di mandorla e crusca dissolti precedentemente in aceto, in tal modo la dama evitava di vedersi nuda.
Fino ai primi decenni del XX secolo le giovani educande degli istituti religiosi erano obbligate  a lavarsi con lunghe e pesanti tonache per evitare il contatto con il proprio corpo.
Probabilmente è per queste difficoltà che la diffusione di questo sanitario è di rade comparse e di difficile istituzione.
Un primo vero e proprio oggetto simile al bidet dei nostri tempi lo troviamo nel 1700 in Francia nell’abitazione di Madame De Prie, moglie del Primo Ministro Francese ed amante del Ministro degli esteri di allora il quale nel 1726 in uno dei loro incontri la trova “ a cavalcioni di uno strano sgabello a forma di violino.”.
La parola bidet trae origine dalla radice celtica bid col senso di piccolo, in gaelico bideach, piccino o bidein, piccola creatura e quindi cavallino, ronzino.
A Versailles ne installarono 100 ma caddero in disuso e vennero indirizzati in case meretrici.
Mentre negli anni ’70 quasi ogni abitazione francese possedeva un bidet oggi solo il 40 % delle case ne ha uno.
Nel resto dell’Europa la diffusione è a macchia di leopardo.
Presente in Spagna, Portogallo e Grecia è quasi del tutto assente in Germania e nei paesi nordici.
L’ Inghilterra guarda a questo sanitario con diffidenza; si pensi che negli anni ‘60 ce n’era uno ogni mille abitanti e che a tutt’oggi la situazione rimane invariata.
Gli Stati Uniti apprendono le prime nozioni di utilizzo del bidet nei bordelli europei durante la Seconda Guerra Mondiale, è quindi quasi scontato che lo associno ad uno strumento del mestiere più antico del mondo, la prostituzione.
Diffuso in America Latina, soprattutto in Argentina.
Sorprendentemente lo ritroviamo in versione hi-tech all’altro capo del mondo, in Giappone.
Nel 1980 l’azienda Toto lancia il primo washlet, parola che deriva dalla crasi delle parole wash (lavaggio) e toilet.
Il washlet e’ un water con bidet incorporato che già nel 2004 troviamo in più della metà delle case giapponesi.
Col tempo questo sanitario viene arricchito di funzioni sempre più avanzate.
Il Washlet Zoe del 1997 è addirittura entrato nel Guiness dei primati come sanitario più sofisticato al mondo con ben 7 funzioni.
Arriviamo all’Italia.
Da noi è addirittura obbligatorio.
Ne abbiamo uno per ogni bagno e quando espatriamo la sua assenza indispone più del non trovare un buon piatto di spaghetti.
La prima comparsa nel bel paese la fa nella seconda metà del ‘700  grazie ai Borboni che tenevano particolarmente alla pulizia personale.
Essi fecero costruire un bagno nella Reggia di Caserta con vasca in granito e acqua corrente, una toilet in marmo ed il primo bidet della storia  in Italia, quello personale della Regina di Napoli, Maria Carolina d’Asburgo-Lorena .
Dopo l’unità d’Italia i funzionari sabaudi incaricati di stilare un inventario dei beni della Reggia, trovandosi di fronte questo catino di metallo appoggiato ad una struttura di legno scuro intarsiato  e non avendo idea di cosa fosse la archiviarono con la dicitura “strano oggetto a forma di chitarra”.
Gli stranieri guardano con sospetto questa nostra amorevole propensione all’uso del bidet.
Questo sanitario per noi è simbolo di meticolosa pulizia, per loro invece è un oggetto sporco, soprattutto per gli americani è sinonimo, come detto in precedenza, di casa di prostituzione.
Veniva infatti utilizzato come strumento meretricio per  disinfettarsi e per evitare, secondo un’errata credenza, gravidanze indesiderate.
Per rimanere in questo torbido ambito ci sono molti rimandi al bidet nella letteratura erotica.
Nel 1748 il marchese Jean Baptiste de Boyer in “Therese philosophe” dedica al sanitario un capitolo intero.
La “Philosophie dans le boudoir” di de Sade del 1795 sconsiglia di usare il bidet perché “ desideri e titillamenti sarebbero smorzati subito dalle pratiche  igieniche”.
L’anonimo autore de “L’enfant du bordel” a fine Settecento descrive un complicato rapporto a tre dopo il quale una signora si ritira in “un piccolo guardaroba per fare le necessarie abluzioni”.
Una stampa pornografica di Thomas Rowlandson del 1843,” Il concerto” raffigura un uomo seduto in poltrona che suona il violino mentre compie un atto sessuale con una donna che sopra di lui gli volge le spalle e sulla cui schiena è appoggiato uno spartito.
Il bidet era chiamato anche violon proprio per questo accostamento tra la musica e più in particolare l’atto di suonare uno strumento e il momento dell’abluzione in cui la donna si detergeva con aceto nel bidet al fine di evitare gravidanze indesiderate.
Il bidet assurge la stessa valenza  di cannule, siringhe , o di marchingegni come l’irrigatore di Aiguisier o l’instrumeti Pleisse, strumenti documentati in incisioni del Seicento ed in opere nel Novecento che servivano a vanificare” gli effetti del coito”.
Molto altro si scopre del bidet cercando tra le fonti e più si procede con la ricerca più si scopre quanto questo oggetto apparentemente silente abbia invece molto da raccontare.
Relegato nelle stanze private dell’ abitazione conosce segreti  e intimità di ognuno.
Noi italiani, chiacchieroni e solari, siamo abituati a confidarci con questo strumento, gli anglosassoni ne tengono le distanze, forse  temono possa "dire" troppo, altri popoli invece lo ignorano senza ritegno.
Arroccato laddove ha gli albori, in Italia, è segno di grande civiltà e rispetto sia per il proprio corpo sia per gli altri a cui ci si propone lindi e mondi da ogni “colpa” .

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